Nato a Giulianello (Latina) nel 1938, Ivano Mattocci è stato
ricoverato in manicomio per più di 30 anni. Quando era in
vena, raccontava la sua storia e narrava dei viaggi che aveva
intrapreso nello spazio, per raggiungere altri mondi, abitati da
altre forme di vita. Tra i suoi soggetti espressivi, gli Slem
servivano appunto per viaggiare fra mondi diversi. E da un altro
mondo sembrano venire anche gli animali ritratti in alcuni dipinti
e le sue macchine “autoritarie e utilitarie”, immaginate con lo
scopo di alleviare la fatica e la miseria della campagna. Il
creatore di questi soggetti appariva sempre diverso. Mattocci
firmava, infatti, i suoi quadri con vari pseudonimi: Lauretto,
Pablone, Cellini, Santino, Gesuino, Beniamino. Così come
creava l’opera, Ivano inventava di volta in volta anche l’autore.
Mattocci condensava nella sua opera alcune grandi aspirazioni
umane: superare con l’ingegno la miseria e la fatica, viaggiare
tra mondi diversi. Il suo “delirio” immetteva nella realtà
quotidiana la necessità dell’immaginario, che è l’elemento
fondante dell’umano.
La sua vena creativa si è spenta con lui nell’estate del 1999,
poco dopo l’uscita dal Ospedale Psichiatrico S. Maria della
Pietà di Roma dove ha partecipato alle attività pittoriche del
Padiglione ottavo.
IVANO MATTOCCI
Ivano Mattocci was born in in Giulianello (Latina) in 1938 and
spent more than thirty years of his life in an asylum. When he
felt like talking he would tell his story, the travels he made
across space to meet other living beings. “Slem” is the word he
uses to describe the travel devices used for travelling among
worlds. The fantastic beasts he portrays in some paintings and
the “authoritarian and useful machines”, imagined as devices to
make life in the countryside easier, seem indeed to come from
faraway lands.
The creator of those works is “different” every time, since
Mattocci used to sign with various pseudonyms: Lauretto,
Pablone, Cellini, Santino, Gesuino, Beniamino. As he created
the work Ivano also invented its author.
Mattocci condensed in his works some human aspirations:
overcome stress and misery through intelligence, travel among
different worlds. His “delirium” would connect daily routine
with imaginary, a necessary component of everyone’s life.
Only death put an end to his creativity in 1999. By then he had
already left the “Santa Maria della Pietà” psychiatric hospital,
where he’d taken part in the 8th Pavillon painting workshops.
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